Marcello Barlocco
Veronica, i gaspi e Monsignore
pp. 192, euro 22
Quarta
... Eran quasi le nove e la sera cominciava ad esibirsi in tutta la sua
potenza depressiva. Già qualche civetta stava squittendo,
qualche vagabondo cane ringhiando, e dalla collina Boccialina veniva un
vento bagnato come fumo che andava ad infilarsi, gemendo, nella massa
scura e stecchita del bosco di abeti; fluttuava in aria
quell’odor misto di latte, strame, minestra e fieno che
è il classico e triste odore serale di tutti i borghi.
Dopo qualche minuto sentii un passo svelto avanzare, alternato al
rumore di qualcosa che percuoteva l’acciottolato della
strada. ...
Risvolto
Uscito per la prima volta nel 1952, questo romanzo conferma
l’originalità, anzi l’assoluta
unicità dell’autore nel panorama letterario
italiano. Qui il suo peculiare modo di narrare, che unisce in una
miscela inaudita secchezza oggettiva, quasi un pragmatismo espressivo,
a elementi visionari e allucinatori che spesso sfociano nel comico e
nel grottesco, si concentra su elementi palesemente
autobiografici. Tutti i personaggi, dal farmacista ritiratosi in un
piccolo borgo rurale per cercare vanamente di domare i propri fantasmi
interiori, all’avventuriera di ritorno
dall’Australia che terremota l’immobile atmosfera
del paese, dal veterinario angosciato dalle bestie e dal loro destino
allo psichiatra che rinuncia al proprio senno, vivono in una dimensione
limbale, quasi astorica, dove la posta in gioco di ogni parola o azione
rasenta spesso il confine dell’assurdo senza tuttavia mai
varcarlo completamente. Anche qui Barlocco si rivela, come è
stato scritto, «uno scrittore nel fango, un lanciatore di
coltelli nella cristalleria dei letterati italici».
Nato a Genova nel 1910 da una famiglia di farmacisti, Barlocco, dopo una
parentesi adolescenziale di fuga come mozzo nelle navi,
provò a continuare la tradizione familiare laureandosi in
chimica e farmacia, ma alla fine venne assorbito dagli ambienti della
malavita genovese e fu accusato di usare questa sua arte per raffinare
la droga. Finì in carcere e anche in manicomio criminale,
che egli a sua volta denunciò di abusi efferatissimi nei
suoi confronti. Morì nel 1969 con all’attivo,
oltre che il presente romanzo, i Racconti del babbuino (1950),
e poi tutta una serie di novelle, racconti e articoli scritti per i
giornali ma di cui ormai restano poche tracce. Nel 2020 la Giometti
& Antonello ha pubblicato una scelta dei suoi racconti e
aforismi con il titolo Un negro voleva Iole.
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