Joseph Conrad
Epistolario
1885-1924
pp. 384, euro 36
Quarta
... C’è – diciamo –
una macchina. Si è evoluta (sono severamente scientifico) da
un caos di frammenti di ferro e guarda! – sferruzza. Rimango
terrorizzato e agghiacciato davanti all’orribile lavoro. Mi
sembra che dovrebbe ricamare – ma continua a sferruzzare.
[...] E il pensiero più agghiacciante è che
l’infame cosa si è fatta da sola: si è
fatta senza pensiero, senza coscienza, senza preveggenza, senza occhi,
senza cuore. È un tragico accidente – ed
è accaduto. Non si può interferire in esso.
L’ultima goccia di amarezza sta nel sospetto che non la si
può nemmeno fare a pezzi. In virtù di quella
verità una ed immortale che si nasconde nella forza che
l’ha fatta balzare nell’esistenza, essa
è ciò che è – ed
è indistruttibile!
Ci sferruzza a dritto e rovescio, nella vita e nella morte. Ha
sferruzzato tempo, spazio, dolore, morte, corruzione, disperazione e
tutte le illusioni – e niente ha importanza. Ammetto comunque
che talvolta è divertente guardare questo spietato processo.
Lettera a Graham, dicembre 1897
Risvolto
«Si può tranquillamente affermare che in queste
lettere si ritrova ogni aspetto di Conrad, dalla più
insignificante idiosincrasia – e ne aveva molte! –
alla più impegnata presa di posizione sul mistero
dell’universo e alla più vibrante difesa della sua
arte e del suo metodo narrativo; dal mezzo sorriso ironico che, pur
nella sua vita sostanzialmente tragica, gli fa riconquistare, ad ogni
brusca svolta, il senso delle proporzioni, allo sconforto amarissimo e
agli estenuanti calcoli economici nei lunghi anni di stenti fino al
1913-1914, quando il successo americano di Chance
[Destino] gli portò un meritato sollievo. In esse, inoltre,
si incontrano, in nuce, alcuni spunti che germoglieranno poi nella sua
narrativa: aneddoti, discussioni politiche, dubbi e interrogativi sulle
vaste zone d’ombra della realtà; [...]
Impegnato sempre in una estenuante ricerca formale nelle sue opere
narrative, Conrad scriveva le sue lettere in fretta, spesso a notte
tarda, dopo aver lavorato per lunghe ore alla sua maniera spasmodica,
per un bisogno quasi fisico di aprire un colloquio con gli altri
uscendo dal cerchio delle sue ossessioni. Perciò il tono di
queste lettere è talvolta estenuato e rauco, la stesura
frammentaria, il ritmo nervoso; ma, così a caldo, non
è raro che gli escano di bocca delle frasi stupefacenti, che
illuminano tutta una fase della sua vita o uno dei tanti angoli oscuri
del suo mondo fantastico».
Dall’Introduzione di Alessandro Serpieri
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